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sábado, 7 de septiembre de 2013

Ernesto - Salvatore Samperi (1979)


TÍTULO ORIGINAL Ernesto 
AÑO 1979  
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 98 min.  
DIRECTOR Salvatore Samperi 
GUIÓN Salvatore Samperi, Barbara Alberti, Amedeo Pagani (Novela: Umberto Saba) 
MÚSICA Carmelo Bernaola 
FOTOGRAFÍA Camillo Bazzoni 
REPARTO Martin Halm, Virna Lisi, Concha Velasco, Michele Placido, Turi Ferro, Lara Wendel, Enrique San Francisco, Enrique Vivó, Francisco Marsó, Renato Salvatori 
PRODUCTORA Coproduccion Italia-España; Albatross / Clesi Cinematografica / José Frade P.C. 
PREMIOS 1979: Festival de Berlín: Oso de Plata - Mejor actor (Michele Placido) 
GÉNERO Drama  

SINOPSIS Trieste, 1911. Ernesto, un chico de 17 años, es el privilegiado hijo de un matrimonio burgués. Cuando su padre lo abandona, es acogido por sus tíos, que lo ponen a trabajar en la oficina de una empresa mercantil. Ernesto, que desea ser violinista, no se toma su trabajo muy en serio. Un día aparece por la empresa un hombre que lo seduce, y Ernesto, movido por la curiosidad, empieza una relación sexual con él. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
Subtítulos (Español)

Santoro Antonella - Ernesto di Umberto Saba: Tra autobiografia e formazione (pdf)


Sull'onda del successo riscosso dalla pubblicazione postuma del romanzo di Saba, avvenuta nel 1975, Salvatore Samperi (il regista di chicche quali Malizia, Scandalo, Sturmtruppen, Sturmtrupppen II e Malizia 2000) decide di portarlo sul grande schermo. I tempi sono maturi: Pasolini, Visconti, Bertolucci, tra gli altri, hanno fatto cadere tanti tabù, ci si può arrischiare ad essere espliciti senza rischiare troppo.
Samperi, da par suo, si mantiene abbastanza fedele al romanzo, che illustra in verità dignitosamente, ma introduce allo stesso tempo un'infinità di piccole modifiche (ben più del necessario) per semplificarne lo svolgimento e, qua e là, per edulcorarlo (si deve però considerare che, per facilitare la comprensibilità, rinuncia allo "schermo" dialettale di cui Saba si serviva per smorzare l'ardire del soggetto). A risentire di tutti questi rabberciamenti sono soprattutto il personaggio della madre, che perde molto del suo spessore, e quello del signor Wilder, che diventa talora una sorta di sostituto del padre di Ernesto.
Invece Martin Halm, attore tedesco subito rimpatriato e dedicatosi a un lunga carriera televisiva, disegna un Ernesto fin troppo sopra le righe, pur non facendo gran danno a quello che del resto anche nel romanzo era pur sempre uno «stupidino» molto ambiguo, continuamente oscillante tra l'innocenza e la complicità (l'Ernesto di Saba - ma non quello di Samperi - confessa alla madre: «gli sono andato incontro a più di mezza strada»).
Ma il punto dolente è senz'altro il finale: senza più la resistenza di una materia che tendeva a riportare in superficie ciò che certi interventi maldestri rischiavano di sciupare, il film casca con duplice tonfo.
Casca stilisticamente, perché Samperi scivola nel viscontianesimo più becero perdendosi tra specchi, ninnoli, pizzi e stucchi stucchevoli, appesantendosi laddove gli manca l'appoggio della levità delle pagine di Saba, anche quando l'esecuzione rimanga professionalmente dignitosa.
E casca soprattutto imprimendo alla vicenda una svolta decisamente reazionaria, appiccicando al racconto dello scrittore triestino una coda che è un crescendo di banalità e tortuosi rinnegamenti, che raggiungono il culmine del grottesco nel personaggio di Ilio. Da «piccolo mascalzone» che si offre come «incarnazione della bellezza» (insomma, un novello Tadzio), Ilio diviene così un bimbetto scipito incapricciato di Ernesto, viziato e pure col gusto del travestitismo, che dovrebbe servire a rendere più evidente il fatto che Rachele non è altro che un suo doppio, solo socialmente accettabile, tanto che un Ernesto ben disposto a imborghesirsi lo preferisce allo stesso Ilio. E infatti Ilio e Rachele sono interpretati dalla stessa attrice (Lara Wendel). Ma qui ormai Saba è lontanissimo, non solo nelle pieghe seguite dal racconto di Samperi, ma anche nello stile: abbandonato lo stile asciutto del poeta triestino, Samperi preferisce impaludarsi nelle inutili derive barocche di un finale stonato. 
Ora, è noto che il romanzo di Saba è rimasto incompiuto, ed è pur vero che Saba stesso andava progettando un finale nel quale l'amore di Ernesto per Ilio si sarebbe dovuto sublimare in una passione comune per la medesima donna (che infine avrebbe però dovuto sposare Ilio, non essendone la sorella, come invece nel film). Ma Saba stesso riconosceva che qualcosa lo tratteneva dal compiere il romanzo, e si potrebbe argomentare che il progettato finale normalizzante, che sarebbe stato pur autobiografico, non lo soddisfacesse: nel momento in cui in Ernesto si andava liberando di una buona parte delle proprie inibizioni, qualcosa lo tratteneva dal rinunciarvi infine con un facile colpo di penna. Ci sono punti del romanzo in cui Saba si compiace di gioire della propria liberazione, come quando, tramite la madre di Ernesto, manda «al diavolo (cioè al suo vero padre) la morale e le sue prediche inette».
Il romanzo, così come lo possiamo leggere oggi, si chiude sullo sbocciare in Ernesto della travolgente passione per Ilio: è evidentemente tutta un'altra cosa rispetto al finale di Samperi, anche senza contare le sue inutili incrostazioni (come il travestitismo di Ilio).
Mauro Giori
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Trama
Nella Trieste del 1911, il sedicenne Ernesto vive con la madre nella casa amministrata dagli zii e tutori Giovanni e Regina. Poco interessato allo studio del violino, molto supeficialmente di idee socialiste, ebreo di scarsa fede, Ernesto lavora in qualità di praticante di commercio presso Carlo Wilder, velleitario scrittore e venditore di farina all'ingrosso. Incaricato di tenere i conti e di dirigere gli operai al lavoro, il giovanottello fa amicizia con un facchino ventottenne, che non fatica molto a sedurlo e convincerlo a provare i piaceri omosessuali. Più per l'innata pigrizia che per fuggire a quel nuovo amico particolare, Ernesto si fa licenziare da Wilder. Ripreso lo studio del violino e il gusto per le compagnie borghesi, Ernesto, in occasione di un concerto, fa amicizia con Emilio Luzzato, un suo coetaneo e, improvvisatosi maestro, incomincia a frequentare la sua ricchissima famiglia ebrea. In casa Luzzato il nuovo venuto diviene pomo della discordia tra Emilio, detto Ilio, e la sorella gemella, Rachele. Passando al di sopra delle proprie contorte esperienze sessuali, stimolato dalla famiglia e felice di una così alta conquista, Ernesto finisce per legarsi a Rachele, che gli verrà offerta in sposa. (Tratto da Il Sole 24 ore)

Critica
* Il romanzo "Ernesto" di Umberto Saba, filtrato attraverso le concezioni della "sessualità" di Salvatore Samperi è, con ogni probabilità, assai distorto nello spirito, oltre che modificato nella trama. Il film presenta personaggi collaterali pressoché gratuiti (la madre, il signor Wilder, il facchino, gli zii, l'intera famiglia Luzzato), delle ambientazioni solo figurativamente curate (la Trieste samperiana potrebbe benissimo essere una città siciliana, con cameriere o cuginette "disponibili" ai pruriti dell'adolescente), delle serie tematiche che qui risuonano con la fatuità del fuoco d'artificio (così il socialismo di cui Ernesto si riempie la bocca e l'ebraismo dei parenti). 
(Tratto da "Segnalazioni cinematografiche", vol. 86, 1979)

* Ernesto, pubblicato nel 1975 da Einaudi, è un romanzo incompiuto nel quale Umberto Saba (1883-1957) intendeva rievocare sul filo dei ricordi-racconti la sua adolescenza nella Trieste fine secolo. Vivente l’autore sembrava impossibile, negli anni '50, che un simile testo potesse venire stampato: vi si narra, infatti, anche l’amicizia omosessuale del ragazzo Ernesto con uno scaricatore di porto. Ma pur non risparmiando particolari intimi, lo scrittore riscatta la sua materia ritrovando nel massimo della sfrontatezza una tenera ingenuità, una mediterranea naturalità confermata dal suono aspro e cattivante del dialetto triestino. Era legittimo temere che l’ingenuità si trasformasse in malizia nelle mani di un regista erotico qual è Samperi. Nèl film, invece, si gode quella che un sabiano come Quarattotti Gambini chiamava la «luce di Trieste», e che si ritrova nella pittura del grande Vittorio Bolaffio, e la cronaca dell’educazione sentimentale di Ernesto rimane senza peccato anche negli episodi più esposti. Per contro risulta poco convincente l’ambientazione raffinata e altoborghese che circonda il protagonista e il conseguente tentativo di far coincidere il mondo di Saba con quello di Svevo. Anche il personaggio del proprietario del magazzino, trasformato in una pallida controfigura dell’autore di "Senilità", lascia perplessi. E più ancora sbalordisce il rovesciamento finale del libro di Saba, con Ernesto che si fidanza per interesse con una ragazza ricca: se sulla pagina nasceva un poeta, qui nasce un padroncillo.
(Tratto da Tullio Kezich, "Il nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982", Oscar Mondadori)

* L’educazione omosessuale di un adolescente nella Trieste di fine Ottocento. Saba scrisse questo romanzo autobiografico, ma lo lasciò incompiuto e inedito. Sarà la figlia Linuccia a curarlo e pubblicarlo nel 1975. Ora, però, il testo viene rivisto integralmente sulla base dell’autografo, conservato presso il Fondo manoscritti dell’Univesità di Pavia. Le differenze con il testo del ‘75 riguardano soprattutto l’impronta dialettale, molto forte nelle intenzioni originarie, che Linuccia aveva ritenuto di mitigare. Saba stesso scriveva alla moglie: “La non publicabilità del racconto non sta nei fatti narrati, quanto nel linguaggio che parlano i personaggi. E tutta la novità, tutta l’arte, tutto lo stile del racconto sta proprio qui”. Ernesto è un libretto bellissimo e intoccabile. Samperi nel 1979 ne trasse un bel film di fattura elegante, professionalmente ineccepibile. Per il suo film, Samperi sceglie un finale che nel libro non c’è, un finale normalizzante: accondiscende all’indole passiva del giovane e lascia che si sposi. Umberto Saba non scrisse mai il finale del romanzo, era ormai vecchio e stava vivendo una rara parentesi serena della sua vita. Per l’autore questo romanzo ebbe la funzione di una liberazione, di un outing diremmo oggi, di una esternazione di verità altrimenti inconfessabili di cui è permeata tutta la sua opera, compresa quella poetica, uno svelamento della linea sottile che ha legato la sua adolescenza, le sue esperienze sentimentali all’enigma della sua arte.
(Tratto da "Corto in Corto")

* Parlandone soltanto con gli intimi, il vecchio poeta Umberto Saba scrisse nel 1953, mentre era ricoverato in una clinica romana, un racconto scabroso e gentile di cui sapeva impossibile la pubblicazione. Non riuscì a finirlo, ma già quanto ne resta bastò, uscito postumo nel '75, a mettere "Ernesto" accanto a un altro capolavoro del Novecento letterario, quel "Giovane Törless" con cui era in qualche modo imparentabile. Risolto in poemetto lirico, il ritratto di quell'adolescente pederasta aveva però una luce, una leggerezza, un'innocenza che lo distingueva nettamente dal primo romanzo di Musil. Si sa perché: prossimo alla morte, Saba vi traduceva il rimpianto dell'età malinconica e tenera in cui egli era venuto vagheggiando quella totale aderenza alla realtà naturale sempre di poi perseguita, quel “giungere al cuore delle cose, al centro arroventato della vita, senza giri di parole”, cui i poeti italiani, irrimediabilmente petrarchisti, gli sembravano negati.
Raccolti gli spunti autobiografici nella memoria d'un'epoca e d'una città, Saba racconta in Ernesto d'un sedicenne della piccola borghesia triestina, nato da madre ebrea abbandonata prestissimo dal marito, che nel 1898 viene mandato a lavorare come “praticante di commercio” nella ditta di granaglie dell'austriacante signor Wilder. “Stupidino con delle buone qualità” (ama gli animali e il violino), Ernesto ha ancora molto del ragazzo: è ghiotto di paste, fa dispetti al padrone, ha furbizie e paure. Ma si dichiara socialista, e simpatizza con gli sfruttati. Curioso della vita, cede all'invito d'un bracciante trentenne che s'innamora di lui, e prova sensazioni che lo fanno adulto, anche un poco perverso. Quando se ne stanca (assai presto), e conosce una prostituta, si fa licenziare dalla ditta per rompere col facchino, si confessa alla mamma che subito lo perdona, e finalmente incontra il quindicenne Ilio, come lui appassionato di musica. I ragazzi si attraggono, hanno in comune la preferenza per i luoghi solitari. Non importa sapere le conseguenze remote di quell'amicizia: parlarsi, stringersi la mano era già stato un dono della vita.
Fin qui Saba. Il film, invece, continua. Sviluppando un tema manniano e un rapido accenno di Saba a una sorella di Ilio - una quattordicenne che gli assomiglia come una goccia d'acqua e cui il ragazzo è attaccato fino alla gelosia - gli sceneggiatori (Barbara Alberti, Amedeo Pagani e lo stesso regista) suppongono che i due giovinetti siano figli gemelli d'un ricco ebreo, che dapprima Ernesto baci Ilio sulla bocca, poi resti turbato della confidenza con cui i gemelli, per conquistarlo, si scambiano i ruoli, e infine si fidanzi con la sorella provocando il furore dell'amico, ma rendendo felice la propria famiglia per il prestigio sociale che ne ricava. L'arbitrio degli sceneggiatori non si limita a questo epilogo, discutibile ma non più di altri rimaneggiamenti imposti dalle (presunte) esigenze del cinema. L'intervento per lo meno più curioso è stato compiuto adombrando nella figura del padrone di Ernesto addirittura Italo Svevo, e anche per ciò spostando tutta l'azione dal 1898 al 1911 per avvicinare l'età del presunto Svevo a quella dell'interprete Turi Ferro. La sostanziale fedeltà mantenuta per tre quarti al testo di Saba e all'ambiente del suo racconto "La gallina" (nel film c'è anche il merlo Pimpo) cessa di fronte all'immagine grottesca data di Wilder-Svevo: un mercante bizzoso, fumatore incallito, vagamente attratto dalla bellezza di Ernesto ma anche indispettito dai suoi modi irriverenti, diviso fra l'avidità del mercante e le smanie letterarie simbolizzate dagli enormi pacchi di manoscritti che tiene sul tavolo. Echi televisivi che fanno strillare con ragione gli svevisti, ma peccati veniali rispetto al peccato mortale commesso portando Ernesto sullo schermo.
Intendiamoci: fra i registi meritevoli dell'inferno perché trasformano in film un testo letterario refrattario agli audiovisivi, a Salvatore Samperi spetta un girone meno rovente perché i suoi sforzi per salvarsi l'anima li ha fatti, nonostante l'avviso di Saba (“il linguaggio non è mutabile: il racconto è nato proprio da quello”). È che opere come "Ernesto" non devono, per ragioni di morale artistica, proprio non devono essere trasferite nel cinema. Forse lo potrebbero se i costumi sociali fossero tali da consentire senza scandalo la rappresentazione totale degli elementi coinvolti nelle scene di sodomia. Dal momento in cui le riassume nel primo piano dei volti e delle mani intrecciate nello spasimo, e dà brutale grevità a certe battute di dialogo, il cinema si impedisce di esprimere la complessità di sensazioni che quel rapporto comporta, lo degrada al livello di una convenzionale passione eterosessuale e insieme lo mitizza agli occhi dell'immaginazione del pubblico: comunque ne nega la particolare carica di poesia che un artista può avergli conferito. Per paradosso, quanto più l'Ernesto di Samperi tenta volenterosamente un recupero delle implicazioni psicologiche di quella esperienza, tanto più tradisce l' "Ernesto" di Saba, che è tutto nella levità del segno: lo muta nel frutto d'un petrarchista in fregola.
Con questa obiezione di fondo - altre investono lo sviluppo della personalità di Ernesto dal candore al cinismo, le sue improbabili relazioni con Wilder, la perdita di piani prospettici derivata dalla rinunzia all'alternanza fra lingua e dialetto, il congelamento subito dall'amorosa materia - il film si lascia vedere, da chi non conosca la grazia del racconto, come un nuovo prodotto del cinema pagano e antiborghese caro a Samperi (undici film in undici anni), formalmente abbastanza curato nella ricostruzione dell'ambiente e nel contorno dei caratteri. La tinta arancione che domina la bella fotografia di Camillo Bazzoni si addice più ai tramonti adriatici che alla solarità meridiana che ispira il vecchio Saba, lo scenografo Ezio Altieri va più sul quadro di genere che nella vaghezza dell'acquerello, e le musiche soavi di Carmelo Bernaola tradiscono troppo la paura di Samperi di slittare nel turpe, ma almeno sulla recitazione non si hanno da muovere appunti. Il giovane Martin Halm, venuto dalla Tv tedesca, con quell'affilato fisico ebraico fa di Ernesto una figuretta svelta e puntuta, ben contrapposta a quella del bracciante, cui soltanto talvolta Michele Placido dà persuasiva trepidazione, e a quella della macchietta Wilder-Svevo calata nei panni di Turi Ferro. Virna Lisi torna a farsi onore come madre di Ernesto, e la spagnola Concita Velasco è una zia Regina fuori età ma gradevole. Alla giovanissima Lara Wendel, nel doppio ruolo dei gemelli, si è debitori d'una freschezza già esperta di molte malizie. Sullo sfondo, due figurine indovinate: lo scaricatore Renato Salvatori, rivoluzionario intempestivo, e la morbida iniziatrice Miranda Nocelli.
(Tratto da Giovanni Grazzini, Il Corriere della Sera, 3 marzo 1979)


Ernesto (Martin Hahn) es un joven de diecisiete años que vive en Trieste en 1911. Su padre les abandonó a él y a su madre (Virna Lisi), por lo que su tía Regina (Concha Velasco) y su tío Giovanni (Francisco Marsó) les acogieron en su casa. Para conseguir dinero, Ernesto trabaja en la oficina de una empresa, aunque muy a menudo tiene que ir a tratar con los trabajadores que transportan sacos de material.
Un día conoce a uno de esos trabajadores, un hombretón con pinta de bandolero, bigote y un pañuelo rojo que lleva siempre en la frente. Sin embargo, está enamorado de Ernesto, y se le insinúa. En un principio, Ernesto está un poco asustado, porque nunca ha hecho tal cosa con nadie, y mucho menos con otro hombre, pero al final acaba accediendo. Sin embargo, avergonzado, intentará olvidar a su amante y borrar su homosexualidad de su mente.
Entonces se dedica de lleno a su gran sueño: ser un gran violinista. Así es como conce a Ilio (Lara Wendel), un muchachito de quince años de cara angelical y que está aprendiendo a tocar el violín. Así que se ofrece como maestro para perfeccionar su técnica. Ilio pertenece a una buena familia, algo que parece estupendo a la madre y a la tía de Ernesto, que están pensando más en una buena boda con Rachele (Lara Wendel), la hermana melliza de Ilio. Pronto surgirá un triángulo entre los tres, y Ernesto tendrá que decidirse por Ilio o por Rachele. 
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Ernesto Wilde
He visto Ernesto hace poco y aunque sabía de su existencia nunca había tenido el placer de verla.
Ernesto es la historia de un personaje idealista, ingenuo que a través del descubrimiento de su sexualidad con un hombre mayor que él, irá cambiando poco a poco su carácter y su personalidad convirtiendose en un libertino y en un hombre deseado por hombres y mujeres y aprovechará esa cualidad para conseguir todo aquello que se propone sin importarle los medios para conseguirlo.
Hay que decir que el director Salvatore Samperi realiza un buen film, todo y que falta profundidad en el personaje principal. La película tiene una bella banda sonora y en ella participan actores españoles como Concha Velasco y Enrique San Francisco que cumplen bien su cometido, sobretodo Concha Velasco como tía de Ernesto.
Destacaría tambien a la actriz Virna Lisi, la madre de Ernesto, con una belleza granada y en un papel que no parece interesarle demasiado. Muy bien Martin Halm como Ernesto con ese punto de insolencia y desveguenza que va adquiriendo a lo largo de su intervención y tambien Michele Placido que es el personaje que sale peor parado en esta historia.
Pienso que tiene interés ver esta película que según he leído tuvo premio en algún festival de cine y por la valentía de su director de tratar un tema tan escabroso como la homosexualidad, más aun teniendo en cuenta el año en que fue filmada.
Cesar 

2 comentarios:

  1. cada vez que trato de descargar una película me sale el mensaje "archivo no encontrado".
    ¿Cómo puedo conseguir la película? gracias

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    1. I link sono online. Scarica con Mipony o JDownloader.
      Un altro è, copiare il file, aprire una nuova finestra e incolla.
      Luck.

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