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domingo, 24 de marzo de 2013

Panni sporchi - Mario Monicelli (1999)


TÍTULO ORIGINAL Panni sporchi
AÑO 1999
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 110 min.
DIRECTOR Mario Monicelli
GUIÓN Suso Cecchi d'Amico, Masolino D'Amico, Margherita D'Amico, Mario Monicelli
MÚSICA Luis Enríquez Bacalov
FOTOGRAFÍA Stefano Coletta
REPARTO Paolo Bonacelli, Marina Confalone, Alessandro Haber, Benedetta Mazzini, Mariangela Melato, Ornella Muti, Gigi Proietti, Michele Placido, Pia Velsi, Gianfranco Barra, Gianfelice Imparato, Francesco Guzzo, Alessandro Nuccio, Elisabetta Perotto, Kassandra Voyagis, Angelo Orlando, Roberto Della Casa, Nicoletta Boris, Francesco Gabbrielli, Cristiana Liguori, Jessica Mazzanti
PRODUCTORA Clemi Cinematografica
GÉNERO Comedia

SINOPSIS "Panni sporchi" (Trapos sucios) es una comedia satírica sobre las disputas públicas y privadas de una empresa familiar. El negocio de los Razzi ha sido durante años la columna vertebral de una pequeña ciudad del norte de Italia. Pero, cuando Amedo (Paolo Bonacelli), el patriarca, encomienda a su sobrino Camillo (Francesco Guzzo) la financiación de un costoso complejo comercial en Roma, estalla la guerra dentro de la familia. Furio (Michele Placido), yerno y lugarteniente de Amedo, no aprueba el coste del terreno y la pésima campaña publicitaria de promoción del negocio. Pero, cuando Amedo muere, el inepto Camillo le entrega a otros el control de la empresa. (FILMAFFINITY)


Per due generazioni, la famiglia Razzi di Macerata ha prosperato grazie ad un'innocua caramella pseudodigestiva a base di cicoria, la cosiddetta Cialda: al timone dell'impresa c'è Furio Cimin, marito di una Razzi, cresciuto nella ditta, ma il nonno sogna di sostituirlo con il nipote Camillo, orfano di padre e dinamico yuppie. Ciò che puntualmente avviene con la dipartita dell'anziano avolo: cocainomane, afflitto da manie di grandezza e totalmente sprovvisto di esperienza specifica, Camillo porta l'indebitamento della ditta a livelli stratosferici, prestando il fianco a speculatori d'ogni risma.
A complicar le cose, giunge pure lo zio Genesio, artista di poca fortuna e perennemente squattrinato: venuto per chiedere danaro, egli - di fronte all'impossibilità di veder soddisfatte le proprie richieste - s'uccide in preda allo sconforto. Ma il fratello della neomogliettina albanese del suicida ha comprato le cambiali firmate dal clan per turare le falle finanziarie e presenta il conto proprio durante lo sfarzoso matrimonio di Camillo con una ragazza del luogo...
L'invettiva gidiana posta in esergo alla presente noterella ben sintetizza lo spirito del quale è imbevuto questo "Panni sporchi", ultimo titolo nella lunghissima filmografia del veterano Mario Monicelli: ancora una volta la famiglia è ricettacolo d'ogni malestro, fonte d'affanni e cagione di corruttela, nido di vipere e gravame incombente. La vertiginosa caduta delle fortune dei Razzi si consuma tutta all'interno della suddetta istituzione: ed una esplosione, come già in "Parenti serpenti"(1992), sarà ancora una volta il suggello della sciagurata saga parentale.
Ben recitato da un concertato d'attori celebri e meno noti, non sempre sostenuto da una sceneggiatura che talvolta troppo indulge a caratterizzazioni macchiettistiche (il rampollo Carlino satanista, il figlio naturale Rodolfo gay dal cuor d'oro), percorso da un furore antiborghese che talvolta stinge nel livore e perde d'efficacia per eccesso di tipicità, "Panni sporchi" costituisce comunque un ritorno al Monicelli più gustoso e corrosivo dopo l'infortunio di "Facciamo paradiso" (1995) ed una piacevole reimmersione nelle atmosfere e nei moduli della più tipica commedia all'italiana.
http://www.italica.rai.it/scheda.php?scheda=panni
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Panni Sporchi Intervista a Mario Monicelli
Che cosa ci vuole raccontare con questa storia?
Niente. L'ho spiegato anche a Dino Risi che mi ha rimproverato di continuare a lavorare senza avere cose da dire. Con il mio cinema io non ho mai voluto dire niente: né allora, né oggi. E' il ritratto di un Italia frenetica, il mio, in bilico tra Europa sì e Europa no, mercato sì mercato no, globalizzazione sì, globalizzazione no.

Perché non ci sono personaggi positivi?
Il personaggio di Michele un po' si salva. E poi c'è Proietti, "il diverso", lui è molto onesto, disinteressato, capace di tenerezza. Invece non ho pietà per i vecchi, la vecchiaia da sola non basta a dare saggezza.

Davvero le vede così le nostre famiglie?
Non tutte. Qualcuna che funziona c'è. Ma gli scheletri negli armadi abbondano e, di fronte a fatti di soldi e di potere, esce il peggio di noi.

Le "sue" famiglie cinematografiche sembrano la risposta perfìda all'immagine offerta dalla pubblicità…
Anche nelle famiglie è entrata la legge del mercato, e dove c'è il mercato non c'è spazio per la bontà e per i sentimenti. Oggi non regge più la satira su corna e tradimenti, si ride di più sulle strategie aziendali. E comunque la famiglia di una volta non esiste più, sono pochissime le coppie che stanno insieme per anni, un figlio solo è già troppo. Oggi chi ha tre figli può andare dalla Carrà come fenomeno da segnalare.

Non l'ha imbarazzata mostrare gli albanesi come delinquenti?
Anzi. Dirò di più. Il film doveva essere una coproduzione coi francesi, quindi avevamo pensato a una mala di Marsiglia. Poi i francesi si sono ritiriati e abbiamo tirato dentro gli albanesi, che fanno parte della nostra realtà e sono meno scontati dei marsigliesi.

Come mai un'altra commedia corale?
Sono quelle che mi vengono meglio. I caratteri si armonizzano di più. Stiamo facendo cinema e non la Cappella Sistina.
Mi piace pensare a tanti personaggi, caratterizzarli, cercare gli interpreti giusti e soprattutto mettere insieme tanti professionisti con persone che non hanno mai fatto cinema. In "Panni sporchi" l'autista del taxi è il falegname che sta sotto casa mia, e il figlio di Placido nella vita fa il meccanico ed è un campioncino di motocross. Quando riesco ad armonizzare professionisti e non, sono contento. E in un film corale si caratterizzano i personaggi non bisogna approfondire le psicologie, io non lo so fare. Mi piace vederle al cinema, vedo Antonioni perché quello che fa lui non lo so fare, non vedo le commedie, perchè quelle le so fare.

Lei dice spesso che non sa fare le storie d'amore…
Ho il terrore di raccontare due a letto, lo faccio solo se c'è uno spunto grottesco. Ma una scena d'amore vera non la so fare. Neanche nella vita, non ho mai detto "ti amo"; mi fa sentire troppo ridicolo.

Non c'è troppa provincia nel nostro cinema?
E perché? Io voglio essere provinciale. Più si è provinciali più si è internazionali. Piuttosto nel nostro cinema c'è troppo linguaggio dialettale. Dopo "Amici miei" gli italiani hanno scoperto il toscano e pare che senza il toscano oggi non si rida. Stavolta, invece, il dialetto l'ho eliminato: ognuno parla con l'accento che ha, anche perché, ormai, gli italiani si sono mescolati e in una famiglia può capitare di sentire accenti di ogni parte d'Italia.

Come sta il nostro cinema, sta bene o sta male?
Sta benino. Gli autori non mancano. Siamo tutti autori. Mancano i professionisti della macchina da presa. Quindi viva Aldo, Giovanni e Giacomo che portano soldi al cinema.

E' contento del risultato ottenuto?
Direi di sì. All'80% è ciò che immaginavo. Ma non significa niente. Sono stato soddisfatto di film che si sono rivelati dei disastri e insoddisfatto di film che sono andati benissimo. L'autore è l'ultimo a capire.

Il prossimo film?
Lo sto scrivendo con Suso Cecchi d'Amico, il tema è il lotto e le lotterie, con tutto il contorno di premi, biglietti, miliardi, truffe. E la mania del momento diventare miliardari scommettendo con le lotterie. Inevitabile che ci sia venuto in testa di farne un film.
http://www.italica.rai.it/scheda.php?scheda=panni_intervista


TRAMA
La fabbrica maceratese Razzi produce da sempre una pasticca digestiva alla cicoria. Il capostipite di questa tipica azienda familiare è il sig. Amedeo, il quale, sedotto dalle nuove opportunità che offre il mercato europeo, vuole ristrutturare e rilanciare la sua impresa. Al progetto però si oppone il genero, Furio, mentre Camillo, nipote del titolare, si lancia senza alcun ritegno nell’impresa. In un clima familiare degno del migliore psicodramma, Amedeo si trova così nella condizione di dovere affidare le sorti della sua azienda nelle mani della nuova moglie di Furio, nel frattempo uscito di scena, la quale si avvale dei consigli e dei metodi, illegali, del fratello scafista e trafficante di merci rubate.

Marchigianità :
Il film è stato girato a: Macerata: piazza della Libertà, via Crescimbeni, piazza Cesare Battisti; Tolentino (MC): basilica e chiostro di S.Nicola e stazione ferroviaria; Fermignano (PU): veduta della città nei pressi delle cascatelle sul Metauro. Fermignano che nella pellicola non figura, in effetti, “interpreta”…Macerata. Infatti, nella finzione cinematografica, mentre la sceneggiatura prevede che la fabbrica delle cialde sia a Macerata, la scenografia utilizza un edificio di Fermignano per ricrearla, almeno esternamente.
Ecco una sintesi delle ragioni che hanno spinto Monicelli ad ambientare il suo film nelle Marche: “ il Centro Italia va bene (…) mi piace perché è meno chiassoso, più discreto e gentile del Nord, la gente è più semplice e meno arrogante”. “Ho scelto il Cappellone di S.Nicola perché questa sala è un qualcosa di particolare nell’arte italiana, quindi non è solo una questione di appartenenza o meno a Tolentino, poi la stessa si presta in modo particolare al cinema, perché i suoi colori sono così smaglianti”. “Panni sporchi narra le vicissitudini di una di quelle piccole dinastie industriali che pullulano in Italia, in particolare al centro: per questo abbiamo scelto Macerata”.
Note: “Panni sporchi” è stato dichiarato di “interesse culturale nazionale” dal Dipartimento dello Spettacolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
http://marchecinema.cultura.marche.it/scheda.asp?id=198
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ROMA - Mario Monicelli colpisce ancora. Questa volta se la prende con la smania dell'Europa, con quegli italiani "che vogliono entrare a tutti i costi nel mercato comune, con l'idea dell'azienda da ingrandire, che non esitano a indebitarsi pur di stare al passo con i tempi, mentre gli albanesi e tanti altri vogliono entrare in Italia". Il risultato è raccontato in Panni sporchi, scritto con Suso Cecchi D'Amico, Masolino D'Amico e la collaborazione di Margherita D'Amico. Una commedia incentrata sul declino di una famiglia di piccoli industriali di provincia, vittime dell'ingenuo sogno di cavalcare i due grandi miti dei nostri tempi: la pubblicità e la grande produzione per crearsi uno spazio nel mercato europeo.
A quasi 84 anni Monicelli ha ancora molto da dire e da insegnare al cinema italiano, anche se non si riconosce nel ruolo di "maestro". A iniziare dal cast, che riunisce Mariangela Melato, Michele Placido, Alessandro Haber, Marina Confalone, Paolo Bonacelli, Ornella Muti, Pia Velsi, Benedetta Mazzini, oltre al ritorno sul grande schermo di Gigi Proietti, e Gianni Morandi in una breve apparizione nei panni di se stesso. Poi ci sono i due adolescenti, Elisabetta Perotto che interpreta l'inquieta Giada e Alessandro Nuccio cui invece è affidato il ruolo di Carlino, un giovane dark, indeciso tra il buddismo o il satanismo.
La famiglia Razzi, protagonista di Panni sporchi, è della stesso tipo di quella di Parenti serpenti (1992), con cui condivide l'esplosione finale, in questo caso non per liberarsi degli anziani genitori, ma per togliere l'azienda alla mafia albanese che, per incapacità degli eredi, hanno "acquistato" l'antica ditta di famiglia. E gli autori già pensano al prossimo film, ovviamente corale, "sull'ultima frenesia degli italiani: il gioco, dalla lotteria al superenalotto".

Anche questa è una commedia sulla famiglia tipicamente italiana.
La mia principale ambizione è che Panni sporchi sia un film molto italiano, nella vicenda e nei personaggi. Tutto quello che avviene nel film non può che avvenire in Italia; io voglio essere provinciale", dice Monicelli. "In tutte le famiglie quando è il momento di mettere le carte in tavola, quando si parla di soldi, vengono fuori gli scheletri dall'armadio. Molti degli episodi del film sono veri, raccontati da amici e presi da esperienze vissute in prima persona.

Ma è ancora viva e dove sta andando la commedia all'italiana?
La commedia c'è sempre stata, è il modo di vedere la realtà. A noi italiani piace ridere su cose drammatiche, e quando all'estero vedono i nostri film rimangono stupiti delle nosttre farse sui morti, sugli affamati. Del resto ridere sulle disgrazie è lo specifico della commedia all'italiana.

E lei che è un maestro in questo genere ha molto da insegnare.
Io non sono un maestro, ma un semplice cinematografaro, un'attività espressiva di serie B. il maestro è chi insegna a un bambino, chi può essere preso a esempio. Il cinema non ha questo ruolo.

Ma non disdegna di lavorare con i giovani?
Se leggo una storia o un soggetto che mi piace, che mi incuriosisce, allora investo in quell'idea, indipendentemente se l'autore sia giovane o vecchio. Oggi il mondo è pieno di giovani che vogliono fare del cinema e ci provano, sono quindi di più le proposte e se trovo qualcosa di interessante non ho alcun problema a realizzarla. Del resto i giovani hanno una visione più aggiornata della realtà, sono più impulsivi e violenti nei confronti del mercato. Non a caso nel film è proprio il figlio più giovane ad andare contro il capitale di famiglia, distruggendo tutto.

Panni sporchi è stata anche l'occasione per far rincontrare su un set di Monicelli Michele Placido e Ornella Muti, nel '74 protagonisti di Romanzo popolare. "Qui siamo due amanti e devo dire che quando l'ho trovata sul set il primo giorno" ha raccontato Placido "non ho potuto fare a meno di pensare a quei giorni, a quella bellissima diciottenne che era la Muti, che per due volte tentai di baciare e dalla quale rimediai anche uno schiaffo". Placido torna quindi alla commedia d'autore, prima di immergersi nuovamente in ruoli impegnati: tra i progetti un film su Tortora diretto da Zaccaro per poi dedicarsi nuovamente al ruolo di regista. "Panni sporchi è una commedia che vuol far ridere e anche riflettere, come nella grande tradizione. E lavorare con Monicelli è sempre un'esperienza straordinaria. Da lui ho capito che bisogna ampliare la propria visione del cinema, che bisogna cedere qualcosa per avvicinarsi al pubblico, e che si possono raccontare grandi storie anche facendo ridere".
Di aver lavorato con un maestro ne è convinta anche Mariangela Melato, che non esita a riconoscerlo: "le persone ricettive, e io mi reputo tale, hanno sempre da imparare anche se, più che un maestro di cinema, per me Monicelli è maestro di vita, per la sua lucidità, la sua capacità d'ironia. L'importante è andare sempre avanti, fare ogni volta un passo avanti".
RITA CELI (26 gennaio 1999)
http://www.repubblica.it/online/cinema/monicelli/monicelli/monicelli.html

1 comentario:

  1. Gracias por otra del gran Mario Monicelli, Amarcord. Esta no la conocía para nada

    Aunque no haya subtítulos, seguramente valdrá la pena el esfuerzo de verla así, "a pelo"

    Larga vida a ti ya tu blog, amigo

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