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sábado, 9 de marzo de 2013

La Capa Gira - Alessandro Piva (2000)


TÍTULO ORIGINAL LaCapaGira
AÑO 2000
IDIOMA Italiano (Dialecto barese)
SUBTITULOS Italiano (Incorporados)
DURACIÓN 70 min.
DIRECTOR Alessandro Piva
GUIÓN Andrea Piva
MÚSICA Nicola Cipriani, Ivan Iusco
FOTOGRAFÍA Gian Enrico Bianchi
REPARTO Mino Barbarese, Dino Abbrescia, Mimmo Mancini, Paolo Sassanelli, Dante Marmone, Teodosio Barresi, Nicola Pignataro, Tiziana Schiavarelli, Rosalba Partipilo
PRODUCTORA Kubla Khan / Mumbut
PREMIOS 1999: Premios David di Donatello: Mejor ópera prima
GÉNERO Drama

SINOPSIS Un grupo de jóvenes delincuentes busca un paquete perdido que ha llegado de los Balcanes. (FILMAFFINITY)
***
Nella periferia di Bari due giovani balordi, Pasquale e Minuicchio, si avvicinano ad un binario ferroviario: dal treno devono ricevere un pacchetto con la droga richiesta.
Il complice albanese però getta la merce più avanti rispetto al punto stabilito. I due non la trovano e a mani vuote tornano da Carrarmato, il boss locale, che non prende bene la cosa.
In questo modo, infatti, non sarà in grado di rifornire la sala giochi dentro un bar, luogo nascosto di smistamento e di vendita. Due ragazzi trovano la droga, la vendono a dei sicari, mentre nel locale di notte entra a forza una donna che cerca il marito, e Sabino, il gestore, è incalzato sia da alcuni avventori sia dai poliziotti.
Arriva poi un uomo che vuole portare via soldi e droga che nel frattempo Pasquale e Minuicchio hanno recuperato. Nella colluttazione che segue, Sabino resta ferito. Carrarmato e gli altri lo soccorrono e lui si riprende odorando uno spinello. (Cinemaitaliano.info)




DICHIARAZIONE DEL REGISTA
Bari è una città di frontiera, crocevia di ogni tipo di traffico. È qui che sono cresciuto ed è qui che si agitano alcuni dei miei turbamenti. Penso soprattutto al borgo antico; nella mia immaginazione è l'oscuro labirinto che può celare qualsiasi cosa, ma è anche il luogo dove la grande città mette a nudo il suo cuore di paese. E poi il dialetto. Le strade di Bari parlano orgogliose ogni giorno una lingua stretta e tagliente che risulta affascinante e poco penetrabile a chi, come me, è nato altrove. Forse per questo ho scelto di metterla al centro del film; per tentare di farla uscire dai vicoli, per sentirla in qualche modo più mia.
Alessandro Piva

ATTORI E PUBBLICO LOCALE
Gli attori sono tutti pugliesi e provengono in gran parte dall'ambiente della comicità locale. L'uso del dialetto permette loro di costruire dei tipi profondamente reali nelle quali il pubblico di Bari si può riconoscere o facilmente identificare. Questa doppia componente, identificazione/riconoscimento, è forse la chiave del successo del film presso il pubblico barese. LaCapaGira, uscito in una sala della città il 10 dicembre 1999, ha incassato nel periodo natalizio più di quasi tutte le pellicole 'ufficiali' (solo la commedia con Gere e Roberts ha fatto meglio).
La sala che ha ospitato il film - 150 posti - si è mostrata inadeguata a un pubblico stimolato da un passaparola spontaneo e turbinoso. In alcune occasioni, nei giorni convulsi dei grandi affollamenti natalizi, è dovuta accorrere la forza pubblica a sedare gli animi dei tanti che non erano riusciti a trovare un posto a sedere. La controprova è arrivata a gennaio: quando un buco nel cartellone delle grandi distribuzioni ha consentito al film di ritagliarsi per tre giorni uno spazio in un cinema più grande, si sono registrati incassi record.

PRODUZIONE
LaCapaGira è un film autoprodotto dal regista con la collaborazione di una giovane società, la Kubla Khan di Umberto Massa e Valerio Bariletti. Non una lira di denaro pubblico è stata impiegata lungo la realizzazione della pellicola. Le riprese si sono svolte tra marzo e aprile del 1999 per quattro settimane di lavorazione. Gli attori hanno aderito prima che al film al progetto che lo faceva nascere, prestando la propria opera gratuitamente. La troupe ha accettato paghe settimanali al minimo. Tante le persone che con ogni tipo di contributo hanno agevolato il lavoro della troupe: c'è chi ha concesso ospitalità nella propria casa andando a passare la giornata altrove per non dare fastidio, chi ha messo di buon grado a disposizione armi di scena, chi ha organizzato tavolate nel proprio ristorante o trovato una sistemazione per i tecnici di fuori porta. Un segno della benevolenza con cui è stato visto il film fin dal suo nascere.

GIUDIZI DI SALA
Contrastanti ma tutti appassionati i giudizi del pubblico cittadino, esemplarmente riassunti nei tre commenti di quella che potremmo assumere come nostra famiglia campione: ragazza di venticinque anni laureata in legge, il suo ragazzo, giornalista trentacinquenne, e la mamma, insegnante di scuola media. Nell'ordine: "Spietato e divertente come la realtà che descrive"; "Crudo, come il polpo che mangiano i baresi"; "Tremendo! E io che volevo farlo vedere ai miei alunni…"

INTENZIONI
"Nel novembre del 1998 mio fratello Alessandro mi parlò di un'idea che andava maturando da molto; ormai sentiva la necessità, mi disse, di metterla in pratica. Si trattava di restituire in un film l'atmosfera tipica di certi ambienti di Bari, città dove io sono cresciuto e che lui conosce bene.
Ci mettemmo al lavoro; avevamo ancora molti dubbi su cosa raccontare, una certezza sul come: dovevamo evitare le filtrature che consegnano un film all'omologazione, e cercare di rappresentare la "verità" di un contesto rivendicando allo stesso tempo il diritto all'interpretazione, allo sguardo poetico sul mondo."
"Andrea è autore estroverso e di talento, ma senza mestiere di scrittura per il cinema; sentivo che questo poteva tornarci utile, insieme alla sua conoscenza notturna della città (è un giocatore di biliardo). Uno sceneggiatore di scuola avrebbe impostato il copione diversamente da come ha fatto lui: la struttura narrativa è tipicamente anticinematografica (nessun protagonista forte, i personaggi evolvono poco o nulla nel corso della vicenda), e il libero accostamento di piani cronologici contrastanti (giorno e notte che s'inseguono, continuamente contrapposti) tende a confondere lo spettatore. Lo stesso intreccio può apparire esile, con la storia in secondo piano sulle caratterizzazioni 'antropologiche'.
Se a questo aggiungiamo l'uso estremo del dialetto, l'indulgente ricorso al turpiloquio e l'accostamento politically uncorrect di droga e adolescenti, otteniamo il perfetto contrario di quanto un professionista inseguirebbe.
Qui il punto: la voglia di girare un film che smuovesse dall'apatia e dall'omologazione un contesto cinematografico statico come quello italiano passava per scelte non consuete. Un film autoprodotto come LaCapaGira se lo può e se lo deve permettere."
Andrea e Alessandro Piva

NOTE SUL REGISTA
Nato nel '66 a Salerno, Alessandro Piva vive a Roma. Ha vissuto a Bari, dove è ambientato LaCapaGira, negli anni del liceo.
Diplomatosi in montaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha lavorato come montatore per alcuni anni. Si è cimentato anche nella scrittura, conseguendo nel ’92 e nel ’93 la menzione speciale al Premio Solinas per sceneggiature. Ha girato diversi reportage e qualche cortometraggio.
Alcuni dei film che ha visto più di una volta: io la conoscevo bene di pietrangeli, cane randagio di kurosawa, il generale della rovere di rossellini, veronika voss di fassbinder, la dolce vita di fellini, point blank di boorman.
LaCapaGira è il suo esordio nella regia di lungometraggio.
http://lacapagira.piva.it/


Uscito in sordina a fine 1999, Nastro d'argento per la miglior regia esordiente nel 2000, grande successo alla Berlinale nello stesso anno, il film d'esordio di Alessandro Piva, regista di origine barese trapiantato a Roma, può considerarsi a pieno titolo un "caso" di successo nel panorama cinematografico italiano.
Pur realizzato con un budget estremamente limitato, ha saputo attirare un grosso numero di spettatori non soltanto a Bari e provincia, ma anche a chilometri di distanza, superando così la barriera linguistica costituita dal parlato in stretto dialetto barese finalmente sdoganato non come caricatura (alla Banfi o all'Abatantuono, per intenderci), ma nella sua vera essenza.
La storia, nell'unità temporale aristotelica di 24 ore, segue le vicissitudini di due balordi vicini alla mala locale tra smercio di stupefacenti e bravate, passando per il vizietto dei videopoker e delle scorribande notturne a tutto gas per la città.
La Bari coprotagonista appare nella fredda alba di un inverno non meglio identificato lungo i binari di periferia, nella notte tra lungomare e bassi del borgo antico, immobile e distaccata, attrice e vittima nello stesso tempo.
Gli attori della storia quasi tutti di derivazione teatrale o popolare, grazie alle emittenti locali, e sono perfetti nei loro ruoli tanto da sembrare autentici. Ottime le interpretazioni dei due protagonisti Paolo Sassanelli e Dino Abbrescia, noti al grande pubblico per apparizioni televisive e cinematografiche e anche loro a perfetto agio nei ruoli di Pasquale e Minuicchio, malavitosi di basso rango, persino ridicoli nei loro forzati atteggiamenti da bulli.
Tra gli altri attori da segnalare i momenti drammatici resi da Tiziana Schiavarelli, moglie di un impiegato padre di famiglia schiavo dei videopoker, e di Dante Marmone, impassibile gestore di un locale invischiato con la mala e poi vittima di una rapina.
Il film di Piva, pur avendo catturato l'interesse di critici e spettatori, presenta tuttavia delle lacune: molti validi spunti nella storia sono di fatto troncati o appena abbozzati (la tematica degli sbarchi e delle relazioni con gli albanesi ad esempio); il sottobosco criminale, poi, pur reso bene in atteggiamenti e modi di dire, risulta spesso (di certo volutamente) più comico che drammatico.
Accostato forse esageratamente a Pasolini e Tarantino, Piva ha di sicuro dalla sua il merito di aver mostrato un lato oscuro non tanto di Bari, ma della vita degradata delle città tanto italiane quanto di tutto il mondo (e a ciò si deve il successo a Berlino). L'ironia nasconde l'accettazione distratta che l'altro lato della città riserva ai diseredati, gente senza spiragli di luce (e Bari infatti viene inquadrata sempre al buio, all'alba, al tramonto).
Un film da vedere, cercando di comprendere l'essenza dei dialoghi (i sottotitoli non rendono mai del tutto).
peucezia
http://www.filmscoop.it/cgi-bin/recensioni/lacapagira.asp
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Trama
Nella periferia di Bari due giovani balordi, Pasquale e Minuicchio, si avvicinano ad un binario ferroviario: dal treno devono ricevere un pacchetto con la droga richiesta. Il complice albanese però getta la merce più avanti rispetto al punto stabilito. I due non la trovano e a mani vuote tornano da Carrarmato, il boss locale, che non prende bene la cosa. In questo modo, infatti, non sarà in grado di rifornire la sala giochi dentro un bar, luogo nascosto di smistamento e di vendita. Due ragazzi trovano la droga, la vendono a dei sicari, mentre nel locale di notte entra a forza una donna che cerca il marito, e Sabino, il gestore, è incalzato sia da alcuni avventori sia dai poliziotti. Arriva poi un uomo che vuole portare via soldi e droga che nel frattempo Pasquale e Minuicchio hanno recuperato, Nella colluttazione che segue, Sabino resta ferito. Carrarmato e gli altri lo soccorrono e lui si riprende odorando uno spinello. Alcuni spezzoni musicali chiudono la vicenda.

Critica
"Una società esclusivamente maschile si aggira nella notte, tiene in piedi una bisca, un po' spaesata alla luce del sole recupera pacchetti di coca. Maschi ancestralmente malinconici, dalla cultura fortemente strutturata, dall'umorismo amaro come fossero in un film armeno (le radici mediterranee del resto sono le stesse....Il film è stato promosso attraverso Internet e si è visto affibbiare il soprannome di La strega di Beer." (Silvana Silvestri, Il Manifesto)

"Da un altro lato, il film di Alessandro e Andrea (soggettista e sceneggiatore) Piva fa venire in mente il primo cinema di Pasolini, quello dei tempi di 'Accattone'. Senza l'epica delle borgate e la tragedia finale, ma con un'attenzione pasoliniana per l'esattezza dei gesti, i rituali della marginalità, la ruvida e aggressiva affettuosità tra uomini che denotano capacità di osservazione come non è dato trovarne a ogni angolo di strada". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 16 aprile 2000).

Note
- NICOLA CIPRIANI HA COLLABORATO ALLE MUSICHE.
- GIRATO IN BARESE STRETTO E' STATO SOTTOTITOLATO IN ITALIANO.
- INVITATO AL FORUM INTERNAZIONALE DEL FESTIVAL DI BERLINO - SEZIONE CINEMA INDIPENDENTE.
- DAVID DI DONATELLO 2000 E NASTRO D'ARGENTO PER MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE AD ALESSANDRO PIVA
http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.redirect?sch=36673

Más comentarios: http://lacapagira.piva.it/

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