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martes, 6 de noviembre de 2012

La corruzione - Mauro Bolognini (1963)


TÍTULO ORIGINAL La corruzione
AÑO 1963
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e Inglés (Separados)
DURACIÓN 80 min.
DIRECTOR Mauro Bolognini
GUIÓN Fulvio Gicca Palli, Ugo Liberatore
MÚSICA Giovanni Fusco
FOTOGRAFÍA Leonida Barboni (B&W)
REPARTO Alain Cuny, Rosanna Schiaffino, Jacques Perrin, Isa Miranda, Filippo Scelzo
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Arco Film / Burgundia Film / S.O.P.A.C.
GÉNERO Drama

SINOPSIS Para escapar de la corrupción y la inmoralidad del mundo de los negocios, Stefano piensa entrar en un seminario, pero su padre firmemente opuesto a esa decisión, le convence para hacer un crucero. En el barco, el chico encuentra a Adriana, una chica arribista y calculadora quien, presionada por el padre de Stefano, le persuade hasta hacerle cambiar de idea. Empieza a trabajar con su padre y vive de cerca el egoísmo y frialdad de su padre... (FILMAFFINITY)




TRAMA
Stefano, un adolescente sensibile e timido, medita di farsi prete per sfuggire al mondo corrotto che lo circonda. Fingendo di assecondarlo, suo padre, un grande editore, lo convince a compiere una crociera. Sul panfilo Stefano conoscerà Adriana, una ragazza arrivista, la quale, spinta dall'editore, farà in modo di far innamorare di sé il ragazzo. Sconvolto dalla sua prima esperienza sentimentale, Stefano rinuncerà ai suoi progetti e, convinto d'aver superato la crisi della propria adolescenza, entrerà nell'azienda paterna. Qui avrà modo di conoscere la vera personalità del padre: un uomo arido e freddo, fondamentalmente egoista. I dubbi ed il senso di ribellione risorgeranno allora nell'animo di Stefano nuovamente combattuto tra l'amara realtà di un mondo mediocre e corrotto e l'intima aspirazione ad esprimere la generosità e la sincerità della sua giovinezza.

CRITICA
"Il film risente di un fondamentale squilibrio tra la sostanza profondamente e dolorosamente umana e la forma troppo fredda e calligrafica. Da ciò deriva l'inconsistenza psicologica dei personaggi ai quali invano i pur bravi interpreti tentano di dare credibilità e calore. Alla preziosità formale del film hanno dato il loro contributo una fotografia di prestigiosa qualità ed un suggestivo commento musicale." (Segnalazioni cinematografiche, vol.55, 1964)

"Va soggiunto che Bolognini (senza nulla sottrarre ad attori come Cuny e Perrin) ha avuto il merito di inventare una Schiaffino nuova (si può dire che la vediamo e sentiamo recitare per la prima volta...) " (G.C. Castello, "Il Punto", dicembre 1963)
http://cinema.ilsole24ore.com/film/la-corruzione/
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L’assoluto naturale. Il cinema di Mauro Bolognini

«Mauro Bolognini nasce a Pistoia nel 1923. Frequenta il liceo Classico “Forteguerri”, quindi intraprende gli studi di architettura che non poco lo influenzeranno nella propria concezione del cinema. Perfeziona poi le sue spiccate attitudini figurative durante il Corso di scenografia al Centro Sperimentale di Cinema, diventando aiuto-regista di Luigi Zampa, figura di rilievo del neorealismo e anche di cineasti transalpini come Yves Allegret e Jean Delannoy. L’approdo al lungometraggio avviene con Ci troviamo in galleria che, se non altro, rivela in una piccola parte una giovanissima Sophia Loren. Seguono un paio di commedie [...] fino a Gli innamorati, del ’55, che è un risultato interessante sia per la leggerezza con cui si raccontano gli amori di diverse coppie sia per l’abilità nella direzione di un manipolo di promettenti giovani attori: è questo certamente uno dei pregi più rimarchevoli del regista pistoiese. Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo – titolo chilometrico di almeno quindici anni in anticipo su quelli wertmulleriani – è anch’essa una commedia divertente sorretta dalle robuste spalle dei migliori attori comici nostrani: Sordi, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Gino Cervi, Nino Manfredi [...]. Non banali ritratti dell’Italia della ripresa appaiono anche in Marisa la civetta, con un’Allasio scintillante, I giovani mariti e Arrangiatevi!, film in cui Bolognini incontra “il principe della risata” Totò, una riflessione pungente all’indomani della legge Merlin. Con La notte brava, per alcuni uno dei suoi esiti migliori, Bolognini descrive il degrado delle borgate della periferia romana che Pasolini, non a caso qui co-sceneggiatore, aveva tanto acutamente descritto nel dittico romanzesco Ragazzi di vita e Una vita violenta. Nel 1960, con Il Bell’Antonio, si apre una nuova maniera nel viatico dell’artista giacché egli si sofferma con maggiore accuratezza sulla resa formale e la confezione dei suoi lavori, da qui in avanti, conoscerà una raffinatezza più ricercata – che talvolta sarà accusata, non sempre con ragione, di calligrafismo. Inoltre Il Bell’Antonio assume un’importanza primaria nella carriera bologniniana poiché si tratta del suo primo grande lavoro tratto da un’opera letteraria, il bellissimo romanzo di Vitaliano Brancati, che il regista trasporta dall’epoca fascista a quella in cui il film è girato ovvero a cavallo fra il decennio dei Cinquanta e dei Sessanta. L’”istanza di attualizzazione” (Simona Costa) attira più volte Bolognini, ad esempio ne La Viaccia, in cui il regista rilegge con molte varianti il romanzo d’impronta verista dell’amiatino Mario Pratesi, L’eredità, dimostrandosi comunque “uno dei più fini metteur en-scene” del cinema italiano” (Maurizio Del Vecchio). Succede lo stesso nello sveviano Senilità, in cui il tempo della storia viene fatto slittare da quello post-risorgimentale del romanzo a quello tra le due guerre del film. Con La giornata balorda il regista opera una sorta di approfondimento dei temi già filmati ne La notte brava, con Agostino si confronta per la prima volta con un lavoro di Alberto Moravia, uno dei suoi referenti letterari più frequenti (girerà per la televisione, addirittura, un suo libro, Gli indifferenti). La corruzione è l’ultimo lungometraggio prima della lunga parentesi dedicata ai film a episodi, tanto in voga allora. [...] Usufruisce poi di un cast internazionale, come sovente gli accade, per Arabella e di una diva del calibro della Lollo per Un bellissimo novembre dopodiché firma forse il suo film più bello e giustamente più celebre, Metello, opera anch’essa di stretta matrice letteraria perché tratta dall’omonimo romanzo di Vasco Pratolini che, dopo qualche titubanza, apprezzò molto la riduzione cinematografica. Ottavia Piccolo, per questo film, ottenne il premio di migliore attrice al Festival di Cannes, così come accadrà sei anni più tardi alla Dominique Sanda de L’eredità Ferramonti, esito non trascurabile di un modesto romanzo di fine Ottocento del massese trapiantato a Roma Gaetano Carlo Chelli. Bolognini s’infiltra in uno scandalo felsineo di inizio Novecento in Fatti di gente perbene e pone il suo sguardo, sempre garbato, sul ventennio fascista in Libera, amore mio, quarto ed ultimo sodalizio con Claudia Cardinale. Vira poi al grottesco e macabro (insieme ai coevi Brutti, sporchi e cattivi di Scola e Casotto di Sergio Citti) con Gran bollito, anche se la stagione più felice sembra ormai conclusa. Nondimeno riesce sempre a impiegare attori di rango internazionale, come Isabelle Huppert in La storia vera della signora delle camelie e Liv Ullmann in Mosca addio – fatto sintomatico del prestigio di cui ancora Bolognini gode all’interno dell’industria cinematografica. [...] Non può essere dimenticata, ché farebbe torto alla poliedricità dell’autore, l’attività teatrale e lirica di Bolognini che, in tal senso, dev’essere ritenuto regista di prim’ordine, al fianco di Ingmar Bergman e Zeffirelli» (Francesco Sgarano – Centro Mauro Bolognini).
Le citazioni presenti nelle schede sono in buona parte estrapolate dal Castoro su Bolognini di Pier Maria Bocchi e Alberto Pezzotta (2008).
Si ringrazia per la collaborazione il Centro Mauro Bolognini.
http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=5494

Stefano Mattioli, giovane figlio di un ex partigiano divenuto ricco industriale dell'editoria, terminati gli studi esprime la vocazione al sacerdozio. Il padre, per distoglierlo da tale proposito, lo fa sedurre da Adriana, sua giovane segretaria e amante, nel corso di una crociera in yacht. Nuovamente combattuto tra l'intima aspirazione ad esprimere la generosità e la sincerità della sua giovinezza e l'amara realtà di un mondo mediocre, Stefano rimarrà preda del suo dubbioso senso di ribellione.
«Che Bolognini abbia talento e gusto da vendere lo prova [...] l'incredibile trasformazione da lui operata su Rosanna Schiaffino: una prova che ricorda gli esperimenti di Sternberg su Marlene. Con i capelli corti e la frangetta, il volto reso più bello da una nuova impostazione del trucco, fotografata magistralmente dall'operatore Barboni, la Schiaffino ci rimanda a Moravia: si direbbe la Cecilia di "La noia" raccontata da Scott Fitzgerald» (Kezich).
«In questo film c'è forse la più bella, la più intensa, la più lirica scena erotica del nostro cinema: quando il giovane Stefano [...] è raccolto nelle braccia da Adriana, e per la prima volta si abbandona a una donna, in uno smarrimento dove è stupore, vertigine e il casto e palpitante tremore dell'iniziazione, e intorno a cui, con un gioco irreale di luci, di specchi, di rifrazioni, Bolognini crea un alone di sognante e voluttuosa magia (e deve essere detto che in questa scena, accanto a Jacques Perrin, Rosanna Schiaffino riesce a rendere qualche bel momento di rapita e trasfigurata dolcezza)» (Sacchi).
http://www.fondazionecsc.it/news.jsp?ID_NEWS=643&areaNews=10&GTemplate=news.jsp

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