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martes, 13 de noviembre de 2012

Alcool - Augusto Tretti (1980)


TITULO ORIGINAL Alcool
AÑO 1980
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 91 min
DIRECCION Augusto Tretti
ARGUMENTO Augusto Tretti
GUION Augusto Tretti
PRODUCCION Amministrazione Provinciale di Milano
FOTOGRAFIA Ubaldo Marelli
MONTAJE Iolanda Adamo
MUSICA Eugenia Tretti Manzoni
REPARTO Marino Grazioli (Francesco) e interpretes no profesionales
GENERO Documental / Drama

SINOPSIS Francesco è un giovane della provincia veneta con tendenze all’alcolismo. Ha un lavoro precario ed è spesso indotto a bere anche dalla gente del posto che ha una mentalità paesana ed ignorante nei confronti dell’alcool. Infatti un po’ tutti sono alcolisti, dagli anziani soli ai giovani in gruppo, dai camionisti agli attori famosi. Il fenomeno è maggiormente diffuso anche per colpa della pubblicità ingannevole che attribuisce all’alcool delle proprietà quasi magiche e che gli permette quindi di essere utilizzato come pillola per il mal di vivere. Francesco trova un lavoro come operaio ma qui viene portato alla morte per cirrosi epatica dalla colpevole usanza del capocantiere di far bere i suoi lavoranti per ottenere migliori risultati. (Wikipedia)


"L'idea di un film sull'alcoolismo nacque da un mio colloquio col professor Dario De Martis [Direttore dell'Istituto Psichiatrico di Pavia]. […] Scartai subito l'idea del film-inchiesta perché troppo facile e insoddisfacente dal punto di vista artistico, sforzandomi di filtrare i vari aspetti del problema in un film d'autore. Ho cercato di affrontare il tema con la maggior chiarezza e semplicità possibile, senza nascondermi dietro l'intellettualismo a ogni costo. […] Trattandosi di un film culturale, mi sono sforzato di conciliare la mia natura satirica con gli aspetti più apertamente didascalici del tema» (Tretti).

«È un film, che si impernia sul personaggio di un fattorino che a furia di vedersi offrire il classico "bianchino" da ogni cliente, finisce per diventare un alcolizzato impenitente, è spesso francamente spassoso, soprattutto quando il regista parte dal "discorso sull'alcool" per disegnare quadri satirici di incredibile efficacia» (Crespi).

Augusto Tretti
La sua carriera, racchiusa in un pugno di film (3 e ½: La legge della tromba, Il potere, il film su commissione Alcool e il cortometraggio per la Rai Mediatori e carrozze), si dispiega in un lasso di tempo molto ampio, 25 anni (e anche oltre, se consideriamo i progetti non realizzati). Tutto ha inizio nel 1960, quando il giovane regista, con la copia del suo primo film in mano, La legge della tromba, cala a Roma e organizza una proiezione per la critica. Riceve giudizi per una volta unanimi, ovviamente negativi, ma per sua fortuna Moravia lo invita a far vedere il film ai registi, non ai critici. Grazie a questa intuizione dello scrittore esplode a Roma il caso Tretti, un marziano sceso dal Veneto (Tretti è nato a Verona nel 1924) nel mondo dei cinematografari e subito adottato da Fellini, Flaiano, Antonioni, Tonino Guerra e molti altri, che si prodigano per consentirgli di girare un film con una struttura produttiva alle spalle. La Titanus addirittura, grazie a Goffredo Lombardo, che dopo aver accettato di distribuire La legge della tromba («Questo film lo piglio io, lo mando a Milano e se non vogliono compro il locale»), fa firmare al regista un contratto per un nuovo film. Ha inizio da questo momento una delle più lunghe avventure produttive del cinema italiano, perché il secondo film di Tretti, Il potere, vedrà la luce solo dieci anni dopo, a causa del fallimento della Titanus e ad altre vicissitudini. Inizio e fine di una carriera, ispirata da una passione sfrenata per il cinema e da un talento che solo i geni del cinema italiano hanno saputo veramente apprezzare. L'invito alla visione è questa volta rivolto proprio ai critici e agli storici, affinché il nome di Tretti possa trovare il posto che merita nella storia del cinema italiano.
http://www.fondazionecsc.it/events_detail.jsp?IDAREA=16&ID_EVENT=249&GTEMPLATE=ct_home.jsp
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Alcool
articolo a cura di Alessio Galbiati e Roberto Rippa

Uno psichiatra, un sociologo, un antropologo ed uno psicologo dissertano fra loro per un’inchiesta televisiva dedicata al problema della alcolismo. Ci vengono così mostrare una serie di storie esemplari che illustrano l’ampiezza del problema. Francesco è un giovane della provincia veneta che vive un’esistenza ordinaria, cambia spesso professione, prima trasportatore di bibite, poi di gas ed infine muratore. All’inizio beve in maniera innocente, alza il gomito spesso ma è convinto che “faccia sangue” ma in breve precipita nell’alcolismo, finirà in preda al delirium tremens. Una casalinga frustrata beve per perché sedotta dalle incessanti campagne pubblicitarie, i camionisti lo fanno perché questi spot gli spiegano che “bere tiene svegli”, un attore sul viale del tramonto beve per non sentire il peso del suo declino, i preti perché lo impone il sacramento, i giovani borghesi lo fanno per noia, gli alpini per ricordare i vecchi tempi andati ed onorare le tradizioni del proprio corpo militare. Francesco alla fine morirà di cirrosi epatica perché il suo capocantiere ritiene che se gli operai bevono, lavorano di più. Mentre la troupe smobilita, il regista viene avvicinato da un malfermo ubriaco: «Con tutti i problemi che ci sono in Italia, la crisi economica, la bilancia dei pagamenti, tu te la prendi con un bicchiere di vino e ci fai sopra un film. Un venduto sei, alla coca-cola e al chinotto.»
Alcool è un film girato su commissione ma non per questo Augusto Tretti ne è insoddisfatto: «Certo, avessi potuto avrei girato altro, non film commerciali che mi ripugnano, ma altro». Il film venne girato quando già Tretti era inattivo da tempo a causa dell’impossibilità di trovare un produttore pronto a finanziare un suo progetto, e ciò nonostante le numerose e prestigiose attestazioni di colleghi e non, alcuni tra i quali si erano addirittura prodigati nel tentare di convincere i produttori a finanziare un suo progetto (ad esempio l’amico Fellini si prodigò con Rizzoli, ma nemmeno la parole del più grande regista italiano riuscì a scalfire il muro di gomma dentro il quale Tretti rimane imprigionato). «Non avrei mai immaginato che una Provincia mi chiedesse di girare un film, ma l’assessore era una donna di sinistra- una sinistra aperta e democratica – e, si sa, le donne fanno sempre la differenza, tanto che questa mi aveva invitato a non farmi alcuno scrupolo nell’attaccare il Partito Comunista». Alle prese con un progetto lontano dalle sue corde, Tretti afferma di non avere affrontato il progetto in modo sereno: «All’inizio ero preoccupato, io funziono meglio con il grottesco, con la comicità, ma alla fine il film mi ha dato diverse soddisfazioni». Non ultima, quella di essere apprezzato dal fondatore della psicoanalisi italiana: «Musatti vide il film per ben due volte a Milano, se non ricordo male, e poi organizzò una proiezione a Sirmione – erano i primi anni ’80 – alla presenza di cinquecento e più medici, che apprezzarono da par loro il film».
Tretti non aveva voluto conoscere veri alcolisti per scrivere il suo film, basò la sua ricerca su libri e consulenze scientifiche; rifuggì il cinema-inchiesta a tal punto da fargli ricostruire interamente in studio l’ospedale che si vede nel film. In tal modo, pur essendo un progetto su “commissione”, Alcool mantiene libera la creatività di Tretti e si configura come un episodio bizzarro, sia per la sua filmografia che per il cinema italiano (fu infatti il primo film finanziato da un ente locale), ma non per questo minore e impersonale; Alcool contiene molte delle marche autorali che contraddistinguono il cinema di Augusto Tretti, quelle stesse che lo rendono unico ed irripetibile.
(I virgolettati provengono da una conversazione telefonica con Augusto Tretti, realizzata in data 17 settembre 2009)
«Nell’Italia del Nord i ricoverati in ospedali psichiatrici per causa dell’alcol sfiorano il 50 per cento. Eppure, si continua a parlare di droga e ad ignorare quasi l’alcolismo che è la droga più diffusa e letale. […] L’alcolismo è un fenomeno terribile, che non appare nelle statiche nella sua reale dimensione, e le sue vittime appartengono tutte, tranne qualche eccezione, alle classi subalterne; è gente che non è legittimata a superare nulla, che dalla vita non ha soddisfazioni e che dal futuro non può aspettarsi un’esistenza che lo riscatti. In questo senso il mio è un film politico, perché informa, senza ricorrere a una qualsiasi ideologia che ridurrebbe il problema, che anche questa piaga sta nel conto del rapporto di forza fra chi ha il potere e chi non l’ha, fra chi usa lo droga e chi, invece, ne viene usato». Augusto Tretti, Corriere d’informazione, 22 marzo 1980.
http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=6681

La droga legale è da bere MILANO, 22 marzo
(M.Mor.) ne uccide più la lingua che la spada, ridiceva nei tempi antichi. Oggi - soltanto oggi? - si può dire che altrettanto di quel composto organico che s’ottiene da sostanze zuccherine per mezzo di un particolare tipo di fermentazione, non sotto il nome di alcool etilico: uccide più della droga.”L‘alcol uccide” insegnava già nel 1950 un documentario francese che porta una firma ora illustrare, Alain Resnais. ”Alcol” era il titolo di un film muto italiano del 1920, e si chiamava così da noi ”Come Fil the Cup” (1951), film americano di  Gordon Douglas con James Cagney nella parte di un giornalista alcolizzato.
Con la doppia ”o” alla francese, ”Alcol” è il titolo di un film di 110 minuti a colori di Augusto Tretti, realizzato per conto della provincia di Milano e presentato avant’ieri in anteprima nella sala della provincia in via Corridoni. C’è stato qualche incidente di proiezione che ha fatto uscire dai gangheri l’emozionatissimo autore (Lassù in cabina - insinuò un maligno - qualcuno deve aver bevuto…)  Ma alla fine il publico - più di 300 invitati - ha tributato al film un caldo applauso, per non dire delle risate e risatine che hanno accolto le invenzioni più spiritose, i momenti più buffi, le frecciate satiriche più aguzze.
Quello che il veronese Augusto Tretti (La legge della tromba,  Il potere), regista eccentrico ha fatto su commissione della Giunta provinciale è un film sulla droga legale. I dati forniti sul ministero della sanità parlano chiaro: nell’Italia del nord i ricoveri in ospedale psichiatrico occupano il40/50% del totale, e dal 1958 al 1974 sono aumenti del 300%; negli anni 60 le morti per cirrosi epatica sono aumentate del 76%. Secondo calcoli approssimativi, quattro milioni di italiani sono alcolizzati anche se la definizione di quell’avverbio ”praticamente” appare assai incerta.
In un’intervista dell’ottobre scorso domandano a Tetti quanto ci fosse di suo in (Alcool) il 10% rispose. Visto il film dobbiamo dire che questa risposta peccava per eccesso di modestia. Di Tretti in "Alcol" c’è molto di più, è vero che il suo film ha espliciti scopi informativi, dimostrativi e didattici. Con un’espediente da inchiesta televisiva Tretti è ricorso, come filo conduttore del discorso, a un quartetto di addetti ai lavori (psichiatra, psicologo, sociologo, antropologo) che dissertano sulle componenti psicologiche del fenomeno, sulle cause sociali, sui suoi effetti, è forse la dimensione più debole di “Alcool” ma, come diceva Ennio Flaviano, anche nei film realizzati in proprio Tretti fa un film didascalico da sillabario, vuol dire una sua idea della società attraverso una comicità fantastica e iperletteraria che rimanda a Jarry (ubo re)da una parte, alle vignette di Milano Maccari dall’altra .
”Alcool”guadagnerebbe, secondo me, in efficacia e in divertimento se fosse limitato, asciugato, potato. Se il suo autore avesse il coraggio, pur versando lacrime amare sul pavimento della sala di montaggio, di ridurlo di 15-20 minuti ”Alcool” potrebbe trovare una distribuzione più capillare, e perciò un pubblico più vasto. La provincia ha investito 200 milioni in ”Alcool”. Sono soldi bene spesi? La risposta dipendente, a mio avviso dal modo e dalla misura in cui si cercherà un pubblico che lo veda e lo discuta.
http://digilander.libero.it/augustotretti/alcool.html
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Il potere, oltre ad un discreto successo di pubblico, ottiene anche alcuni premi e riconoscimenti.
Va ricordato, in particolare, il premio di Selezione al Festival di Venezia del 1971: al termine della proiezione all'Arena il film riceve due minuti di applausi.
Dopo Il potere tutte le porte si chiudono, sia quelle dei produttori sia quelle della Rai che aveva promesso allo stesso Tretti (non mantenendo) di trasmettere il film in televisione.
La stessa promessa (ancora una volta non mantenuta dalla Rai) verrà fatta a Tretti in occasione di Alcool, lungometraggio didattico realizzato nel 1979 per conto della provincia di Milano. A Raiuno viene addirittura proposto di coprodurre il film: una proposta un po' ingenua da parte dell'amministrazione milanese, data la pregiudiziale della prima rete Rai nei confronti delle giunte "rosse".
L'allora assessore alla cultura Novella Sansoni decide, con il parere unanime del consiglio, che Alcool venga interamente finanziato dalla provincia e che a produrlo sia lo stesso Tretti.
Alcool non è un film-inchiesta e sin dall'inizio rinuncia ad un taglio di tipo "terroristico"; è un film di finzione, interpretato da alcolisti, che affronta il problema con misura e con ironia. Alcool vuole avere una finalità fondamentalmente educativa ed informativa: la prevenzione consiste nel problema generale collettivo e sociale, in una nuova struttura della società. Il proposito, insomma, è quello di fare un discorso "aperto" e non una noiosa lezione sugli effetti dell'alcool.
Nel film si intrecciano le vicissitudini del garzone Francesco; dapprima trasportatore di bibite, poi trasportatore di bombole a gas, infine muratore; Francesco alza troppo il gomito ma in maniera innocente. Il vinello gli piace, è convinto che gli faccia bene e di proposito si tiene lontano dai liquori. Finirà ugualmente in preda al delirium tremens. Una casalinga beve per frustrazione e per seduzione pubblicitaria, i camionisti perchè sono convinti che "l'alcool tiene svegli", i giovani-bene si sbronzano per noia, gli ex combattenti alpini si ubriacano per nostalgia e per bravata ed infine, l'attore cerca nel bicchiere la sicurezza e il successo che gli stanno sfuggendo.
Per Tretti Alcool è un film "ibrido"; in alcuni punti è costretto a rinunciare al linguaggio che gli è caro per usarne uno più accessibile, meno di "ricerca" rispetto ai precedenti lungometraggi.
Le finalità principalmente didattiche non gli consentono di tratteggiare con maggiore ironia il gruppo di intellettuali che parla di alcoolismo senza però impegnarsi più concretamente. Oppure l'attore ormai al declino, che non vuole dimostrare di essere diventato impotente a causa dell'alcool.
In altri episodi, invece, si rivede pienamente Tretti: nel fare la parodia alla pubblicità - tema già affrontato ne Il potere e qui sviluppato con maggiore efficacia -, ai suoi sistemi di persuasione basati sui premi e sui viaggi ad estrazione; nel rappresentare la campagna veneta attraverso la festa contadina, dalla quale emerge, con la vena satirica del miglior Tretti, l'altra faccia di una cultura fatta di clericalismo, di tirchieria e soprattutto di false credenze sul vino con il quale si crede di curare persino le malattie dei bambini risparmiando così i soldi dei medicinali.
Alcool, considerate le finalità educative , nel complesso si può considerare un film riuscito: i primi estimatori saranno proprio i medici (tra i più entusiasti c'è Cesari Musatti) e la stessa critica, una volta tanto, ne dà un giudizio unanime e in grado di cogliere anche la dimensione autoriale che il film non nasconde dietro i propositi didattici.
http://digilander.libero.it/augustotretti/tesi.html
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"Alcool" è un intrecciarsi di storie di alcolisti di varie estrazioni sociali in un’Italia bombardata da immagini pubblicitarie, che predispongono il popolo a pensare: “consumo, dunque esisto”. La provincia di Milano finanziò quest'opera per denunciare il dilagare dell’alcolismo. A mio avviso “Alcool” è un curioso esperimento con esiti abbastanza efficaci, anche se a tratti inevitabilmente comico a causa dell'uso di attori non professionisti (e per le ambientazioni a dir poco squallide). Culto nei cineforum!
Markus

Gemma raccolta casualmente durante un Fuori Orario, "Alcool" è un film di forte comicità involontaria che descrive con tenera approssimazione un fenomeno grave e sempre dilagante del mio Veneto, l'alcoolismo. Giustamente Tretti denuncia la superficialità con cui si convive con l'alcool e il suo forte radicamento culturale, il suo essere panacea assoluta (il vino dato ai bambini) ma lo fa con povertà di mezzi, squallore d'ambienti, recitazione pedestre. Fantastico l'addetto del gas in perenne basculamento dovuto al Tocai!
Matalo!

Ultimo lungometraggio del più geniale regista underground che l'Italia abbia mai conosciuto. Il vino come oppio di un popolo di morti viventi. Un lombrosario di casalinghe disperate, contadini con la fobia dei comunisti, proletari alienati. Sopra di loro ronzano industriali senza scrupoli e pubblicitari vampiri. Attori rigorosamente dilettanti. Cinema beffardo, politico e brechtiano che non c'è più. Commovente.
Uomomite
http://davinotti.com/index.php?f=10796

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