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martes, 19 de julio de 2011

Cristo si è fermato a Eboli - Francesco Rosi (1979)


TÍTULO Cristo si è fermato a Eboli
AÑO 1979 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 150 min.
DIRECTOR Francesco Rosi
GUIÓN Francesco Rosi, Tonino Guerra, Raffaele La Capria (Novela: Carlo Levi)
MÚSICA Piero Piccioni
FOTOGRAFÍA Pasqualino De Santis
REPARTO Gian Maria Volontè, Paolo Bonacelli, Alain Cuny, Lea Massari, Irene Papas, François Simon
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Radiotelevisione Italiana (RAI) / Vides Cinematografica / Action Films
GÉNERO Drama

SINOPSIS Basada en una novela autobiográfica de Carlo Levi ("Cristo si è fermato a Eboli"), destacado escritor y pintor antifascista que, en 1935, acusado de conspirar contra el régimen de Mussolini, fue condenado al destierro en un remoto pueblecito de Lucania (la actual Basilicata), una de las regiones más pobres y atrasadas de Italia. Levi define la situación de los campesinos lucanos como anterior a la era cristiana. El título expresa metafóricamente el hecho de que los medios de transporte, es decir, la civilización, se detengan en Éboli, dejando al margen del progreso el resto de Lucania. (FILMAFFINITY)





...
Nel 1934, Carlo Levi fu arrestato una prima volta per attività antifascista. Il secondo arresto l’anno seguente gli procurò una condanna al confino in un paese della Lucania, Grassano. Successivamente venne trasferito nella sperduta cittadina di Aliano (nel romanzo chiamata Gagliano), nella quale lo scrittore starà per un anno.
Levi era nato nel 1902 a Torino, da agiata famiglia borghese, era interessato alla pittura, ma anche alla politica, e dunque cresciuto in un ambiente culturale e intellettuale molto raffinato. Niente di più lontano dall’atmosfera che si trovò a respirare in quel soggiorno coatto assieme ai contadini del sud d’Italia. Eppure arrivò a capirli e ad amarli, a scoprire una nuova umanità, ad instaurare con loro un’amicizia pienamente ricambiata.
Da questa esperienza nacque il libro “Cristo si è fermato a Eboli” che descrive una Lucania che sembra ferma ad un passato lontanissimo, una terra che sconta un dolore abitudinario, indifferente alla Storia e lontanissima dallo Stato, e che tutto subisce pazientemente,
“Una terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immutabile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte”.
Gli abitanti di Gagliano sono o i contadini poveri (“i cafoni”) o ricchi borghesi (“i galantuomini”).  I cafoni non si definiscono cristiani, non sono considerati come uomini, ma come bestie da soma, o anche meno e subiscono le decisioni dei “cristiani”, degli uomini, della gente per bene “che sono di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto”.
“Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né le speranze, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia… Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo”.



Levi, durante il suo confino, continua a dipinger e visita i malati, sotto lo sguardo diffidente e dei potenti del luogo. Il racconto si dipana nella cronaca della vita del paese e della sua gente, Giulia, la strega, o don Trajella, il vecchio arciprete, e nella descrizione del paesaggio. Pur vivendo tra la miseria e la malaria, i poveri contadini  conservano la loro antica saggezza con il loro “senso umano di un comune destino, e di una comune accettazione”.  Levi trae l’amara conclusione che la piccola borghesia, come anche i grandi proprietari, sono i responsabili delle misere condizioni di vita dei contadini.
“Senza una rivoluzione contadina non avremo mai una vera rivoluzione italiana, e viceversa…Il problema meridionale si risolve soltanto con l’opera di tutta l’Italia, e il suo radicale rinnovamento. Bisogna che noi ci rendiamo capaci di pensare e di creare un nuovo Stato, che non può più essere né quello fascista, né quello liberale, né quello comunista, forme tutte diverse e sostanzialmente identiche della stessa religione statale… Per i contadini, la cellula dello Stato, quella sola per cui essi potranno partecipare alla molteplice vita collettiva, non può essere che il comune rurale autonomo… Questo è quello che ho appreso in un anno di vita sotterranea.”
http://lnx.aseliso.it/?p=7921


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